Le briciole, le lasci ai passeri,
ma la sera non scuoti fuori la tovaglia
che l’angelo della notte se ne muore.
Passeranno inverni interi
a fare gesti, questi, controvoglia
sperando che la pazienza sia amore.
Ci stupiremo, poi, che ogni cosa vada
diritta come un filo a piombo del muro,
sorridendo all’ansia di un futuro
scontato, ma c’è una sola strada
per quanto malconcia, questa
e per quanto sia disonesta è la sola
da fare, con il nodo in gola e la funesta
idea di sopravvivere a quella “cosa”
che qualcuno si ostina a chiamare vita.
”Che fai ora, tu, mi guardi stupita?”
volevo scriverti un manuale
per le disposizioni domestiche,
ma la parola mi incespica
come una rima che non so fare.
È già strano abitare in una casa
da soli, ma quando in silenzio siedo
di notte (è purissima) e ti vedo
nel sonno come l’unica: “Sei casa –
mi dico – sì, dimora è questo corpo”.
Casa è l’abitarti dentro per molto.
Ora ti svegli come fanno i piccioni,
sai che non so stirare la camicia, quella
proprio, l’azzurra, e neppure la maglia bella
e sai che non me la cavo con i pantaloni…
Eppure mi sorridi e mi lasci stupito,
che questo sia la bellezza, il tutto, l’infinito?
[*Demetrio Paolin ha scritto alcuni racconti pubblicati per la rete (Nazione Indiana) o su carta (Nuova Prosa). Ha pubblicato due saggi su Primo Levi (Levia Grava e Nuovi Argomenti), un romanzo Il pasto grigio (Untitled Editori) e un saggio, Una tragedia negata (Edizioni Il Maestrale [vibrisselibri]).
piccola notazione ad uso del lettore. Questi versi, o righe che vanno a capo, sono d’occasione, e non nel senso montaliano – per carità. Manuale è stata scritta in occasione – appunto – di un concorso di due o tre anni fa dal titolo “Scrivere l’essenziale”. In quella prima versione non esisteva né la punteggiatura né gli spazi tra le varie strofe di versi oltre che una differenza nel finale in cui invece della rima sutpito/infinito ci stava una assonanza tra stupito e “infinto” (neologismo tutto mio). C’è una versione successiva in cui compare la punteggiatura e scompare l’assonanza e ora in questa la divisione in strofe.
d.
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Lascia che questo lavoro lo facciano gli italianisti del 2090 🙂
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ma noi non ci saremo
effeffe
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Occhecavolo! 🙂
Bella, sarà perché sono versi d’occasione, come dice lo stesso autore in sua nota. Ma ciò non toglie che sì, questa è per me una gran bella poesia. Anzi: più che bella. Complimenti sul serio.
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mi fa piacere che tu lo dica, joseph. allora ho scelto bene, sì? 😉
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eh, l’occasione fece l’uomo poeta
(penso a certi begli esiti di Sbarbaro, Saba , Giudici, a certa dimensione gnomica di Raboni o di Sereni)
complimenti, E.D.L
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Gajetta, sei un palato fine. Non so quanto tu sia brava a far poesia, ma a scegliere sei molto brava. Ovviamente il merito maggiore non può che andare all’autore, quindi a Demetrio.
Aggiungo una sola nota: la poesia nasce in maniera strana, da persona a persona. Cercare di darle delle regole assolute è un lavoro inutile, da scemo del villaggio. 🙂
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Bravo Demetrio.
Sai come mi sembra? Il testo di una bella canzone di Guccini… (specie qui: “Passeranno inverni interi
a fare gesti, questi, controvoglia
sperando che la pazienza sia amore.”
Ciao,
Ezio
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