Incateno allora le parole
al canone impuro
di febbre lessicale,
all’invisibile vaglio
di intendimento sotterraneo.
Poi le inanello
– decerebrate e affossate
come conche –
in nevrosi esangue,
nella rassegnazione contemplativa,
nel quietismo del sermone,
rivelatrici chimiche
di ipotesi congelata.
*
ABBAGLIANTE AZZARDO
Decrittazione
di una sfrontata sventatezza:
venire infine a patti
con l’Inconciliabile
della melmosa inconsistenza…
Estremistica temerarietà:
decifrare poi
senza affanno alcuno
lo scorticamento,
e il furor condannatorio.
*
E NELL’ATTESA VUOTA
Nella sua erranza
le sembrava di essere all’interno
di un tamburo percosso da un folle,
un’esile transitoria ghiandola,
un’apnea di sangue,
diffratta
nell’assoluta latitanza del salvifico.
Al dire -bianco- del silenzio
ribatteva – lei -con lapidei
florilegi argomentali,
costretta alla bellezza gelida dell’alabastro
tra le ossa biancheggianti fra i rovi
( e nell’attesa – vuota –
che la iconostasi si aprisse)
*
IN QUELL’ENIGMA CHE SOLO CONTA
Impollinavano,
– i fiori d’ombra-
nello scrigno del cranio,
lì nei vertici apicali,
sciame di vespe
su una poltiglia sbattezzata.
Ma non era bello vedere
coi propri occhi
la propria rovina,
ed era certo, dopotutto,
il dovere crollare
– e in modo compulsivo-
nel dove tutto sempre inizia:
in quelle contorsioni ipergeometriche
di un’intrusione abusiva
da accettare schinati
quasi poi fosse l’accesso,
-oppure un viatico-
in quell’Enigma che solo conta,
l’apologo spurio di una sola Solitudine
insufflata a forza e impunemente
tra le disperazioni degli sbandati,
ognuno al di sotto
del proprio trono di rassegnazione
al tallone di ferro della nuda vita,
lì ad libitum a spezzare.
Villa Dominica Balbinot
Leggendo la poesia di Dominica, mi lascio trasportare dal linguaggio, a volte oscuro, a volte trasparente, a volte magico, ed è un viaggio, in quell’enigma che solo conta.
un bacio a Dom e un saluto a Giovanni
C.
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Una poesia che non teme di esporsi ‘al tallone di ferro della nuda vita’ ma che, ossessiva e ostinata, è sempre alla ricerca delle forme più precise, del verbo adatto, del giusto aggettivo.
Poesia che a volte ci sorprende, ci disorienta, ci richiama.
Grazie a Giovanni e a Dominica
Antonio
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carissima Carla, lo sai, ti trovo attenta e generosa…ma ciò che mi dici sul linguaggio a me interessa molto… grazie ,e molte
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Ma Antonio caro: che posso rispondere se non che” me le metterò tra virgolette, e me le terrò certo, le tue annotazioni e pure sensazioni di varia natura!”( come vedi sono riuscita a essere contorta pure nella risposta, ma spero tu intenda:))
un caro saluto, e grazie.
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Cara Dominica,
leggendo le tue poesie rimango sempre colpita da come eserciti la ricerca del linguaggio nelle sue infinite possibilità e insieme resti fedele a un nucleo ispiratore.
Un caro saluto Paola
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carissima Paola, ogni tanto ci si ritrova, eh..:))
Sì. penso che sia come dici: mi sa tanto che tendo a “sviscerare” fino allo sfinimento, forse anche perchè il “nucleo ispiratore” da cui parto in realtà offre sempre particolari o elementi o pensieri su cui lavorare comunque , con deviazioni o aggiustamenti, per quanto apparentemente o superficialmente minimi… ( anche se a mio soggettivo parere a ben vedere non c’è niente di minimo, in generale, dico…)
ciao, un caro saluto, grazie.
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Saluto e ringrazio Carla e Antonio.
Un saluto particolare all’ospite, la cui poesia sembra ricercare la suggestione e originalità della parola associando, spesso, sostantivi e aggettivi, liberando significati e immagini inusuali: per fuga o rottura, forse, dalla linearità e prevedibilità della lingua standard, per l’emersione e il risuonare di un mondo altro, e proprio?
Giovanni
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Carissimo Giovanni, a te va certo il mio ringraziamento per l’attenzione e la disponibiltà dimostratami: grazie anche per l’immagine scelta!:))
Quanto a ciò che osservi, mi viene da dire: certo non ci può esssere dubbio, del mio desiderio di avere una voce mia( anche se aggiungo: ciò non dovrebbe parere tanto strano, è naturale, va da sè che ognuno dovrebbe cercare di parlare con la sua propria voce, almeno io penso così, è una cosa direi inevitabile!),e della mia convinzione nel cercare di concretizzare il mio dire sia attraverso le scelte lessicali( no, non piace a me il linguaggio definibile come standardizzato, anche se questo non significa denigrare il linguaggio altrui semplice e lineare, basta che abbia comunque sostanza!)sia attraverso temi non edulcorati, e visioni non appianate diciamo così..
se poi queste convinzioni intime danno una sensazione di “rottura”, di “fuga”,
di sviscerazione ostinata – e “contraria”- bene così, non mi disturba affatto, è la mia espressione che non teme di andare controcorrente, si vede!
spero di avere chiarito il mio intendimento, quello intimo, se non altro…e con tutti i rischi derivanti…
grazie, grazie davvero per l’attenzione.
un caro saluto a te, Giovanni.
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Una sperimentazione linguistica ed espressiva,
un “canone impuro / di febbre lessicale”
che sosta, muove e spinge in avanti, da quel centro cavernoso del sè e della parola.
Un abbraccio Dominca
Maria Pina Ciancio
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carissima Maria Pina, dici “esatto”:il centro del sè e della parola è “cavernoso” e io proprio per questo forse ho scelto di usare “un canone impuro”, forse per dare una possibile aderenza alla mia febbre, che è lessicale certo, ma non solo…:))
come vedi mi approprio delle tue annotazioni per chiarire il mio procedere a me stessa, te ne ringrazio tanto
ciao, un bacione, e grazie.
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Un caro saluto a te, ancora, Villa Dominica.
Saluto anche Paola e Maria Pina.
Giovanni
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Dominica cara,
leggere i tuoi versi è come lasciarsi trasportare da un’onda oscura e senza fondo. Non cerco nessi razionali o irraziuonali, come se chiudessi gli occhi e scivolassi in angoscioso dormiveglia.Sono il tono e il timbro- estremamente misteriosi- a rendere così originale la tua poesia
lucetta
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certo la sensazione simile a “angoscioso dormiveglia” che tu provi nel leggere i miei testi non è delle più piacevoli- temo ahimè- ma a me la tua intuizione sembra centrata, nel senso che domina spesso la strettezza fisica, lo sprofondo, l’abbassamento sempre in progressione e l’onda oscura trascina trascina chissà mai dove..il risultato obbligato forse è davvero una sorta di spossamento completo che va al di là di ogni distinzione e discorso razionale o irrazionale… e le domande anzichè avere risposte- una risposta qualsiasi-potrebbero perfino aumentare , facendo a quel punto predominare quel senso di mistero cui tu accenni…
tieni presente che questa mia specifica risposta è stata resa possibile dal tuo stesso intervento, carissima Lucetta, e dopo avere riletto freddamente e con gli occhi tuoi i miei testi, come se non fossero stati scritti da me… e penso che stasera, ripensando al tutto, mi agiterò pure io in un soffocante stato di dormiveglia…e non scherzo affatto…i sensi sono all’erta eppure il corpo vorrebbe riposare… troppo rovellio, forse!
ciao, ti ringrazio tanto,e ti saluto cara Lucetta …
E penso che mediterò con interesse a tutto ciò che mi avete detto tutti voi, grazie a tutti.
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inquietudine, altro da sé… il raro quanto incompromettibile sconfinamento nei territori del non-luogo; la grande re/invenzione linguistica attraverso neologismi preziosi, sì, ma mai compiaciuti o sfoggiati ai fini di una sterile estetica; meglio dire: controestetica. La Poesia, quando è [e qui credo non sussistano dubbi di sorta]rivela il Bello – il va sans dire – ma diventa magistero allorquando di/svela il disagio proponendosi come vettorialità altra. Mi accosto a questi versi con i sensi all’erta, più che mai ricettivi; essi mi riconducono a quel senso ancestrale di cui pure commettiamo grave distrazione: il senso del presagio.
Profondamente ammirato, saluto affettuosamente Dominica
mirko servetti
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carissimo mirko, in realtà io mi troverei un pochino a disagio ( eccomi di nuovo, a proposito!)nel rispondere a un commento come il tuo…
mi limito a dire che apprezzo molto il tuo fare cenno alla ricerca linguistica, ma dandone un giudizio positivo, soprattutto quando noti che non vi è “compiacimento sterile”…è così, io cerco di dare espressione alla mia Controestetica- non male, non male-[ tenendo comunque presente che di ciò mi sono accorta man mano che scrivevo, e non certo ponendomelo come fine artificioso sin dall’inizio]
e mi piace pure l’osservazione sul disagio che poi- nel tuo sentire -diventa fin presagio…( interessante assai questo possibile punto)
io posso dire che se leggendomi si riesce a capire il mio esplicito e implicito sentire “contro” già non è poco…anzi sarebbe tanto..
ti ringrazio tantissimo, e ti mando un saluto, ciao
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