Selma Meerbaum-Eisinger
Poesie sopravvissute alla Shoah
A cura di Adelmina Albini e Stefanie Golisch
57 poesie sono il lascito della poetessa Selma Meerbaum-Eisinger, una
lontana cugina di Paul Celan. 57 poesie che parlano della sua voglia di
vivere e della paura di morire. Con passo accelerato la giovane Selma
attraversa le varie tappe della vita umana per testimoniare non solo la
sua esistenza individuale, ma quella di un mondo scomparso: la Bucovina,
quella zona agli estremi confini dell’ex- impero asburgico, luogo di nascita
di un impressionante numero di autori e poeti di lingua tedesca.
Sopravvissute alla guerra e giunte, prima in Israele, poi in Germania, le
poesie di Selma Meerbaum-Eisinger nel mondo di lingua tedesca sono
considerate una importante testimonianza della fertile convivenza di due culture, l’ebraica e la tedesca. Tradotte nelle maggiori lingue del mondo, ora appaiono per la prima volta in traduzione italiana.
MIMESIS EDIZIONI
Collana
IL QUADRIFOGLIO TEDESCO
Isbn 9788884838810 – 15,00 euro
Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942) fu una poetessa ebrea di
Cernowitz, oggi Ucraina. A 15 anni cominciò a scrivere poesie e a tradurre
le poesie dei suoi autori preferiti. Costretta nel luglio del 1941 a vivere nel ghetto della sua città, venne infine deportata insieme alla sua famiglia nel
campo di Michailowska, dove morì di tifo all’età di 18 anni.
Spätnachmittag
Lange Schatten fallen auf den hellern Weg
und die Sonne schickt noch letzte Abschiedswärme
und das dünne Zwitschern eines Vogels ist, als ob es lärme
und als stehl’ es etwas von der Stille weg.
Menschen auf zehn Schritt Entfernung
sind wie aus ganz andern Welten
und fast möchte man die welken Blätter schelten,
daß sie rascheln und die letzten Sonnenstrahlen stören.
Und man möchte nur die Veilchen wachsen hören.
16.4.1940
Tardo pomeriggio
Lunghe ombre cadono sul sentiero chiaro
e il sole manda il suo calore d’addio
e il magro cinguettio di un uccello è come un rumore
che sembra rubare un poco di silenzio.
Gli uomini a dieci passi di distanza
sembrano venire da altri mondi
e quasi si vorrebbe sgridare le foglie secche,
perché il loro fruscio disturba gli ultimi raggi di sole.
E si vorrebbe solo sentir crescere le viole.
16.4.1940
Schlaflied für mich
Ich wiege und wiege und wiege mich ein
mit Träumen bei Tag und bei Nacht
und trinke den selben betäubenden Wein
wie der, der schläft, wenn er wacht.
Ich singe und singe und sing’ mir ein Lied,
ein Lied von Hoffnung und Glück,
ich sing’ es wie der, der geht und nicht sieht,
dass er nimmermehr gehn kann zurück.
Ich sage und sage und sag’ mir die Mär,
die Mär vom Liebesgeflecht,
ich sage sie mir und glaub’ doch nicht mehr
und weiß doch: das Ende ist schlecht.
Ich spiele und spiele mir die Melodei
der Tage, die nicht mehr sind,
und mache mich von der Wahrheit frei
und tue, als wäre ich blind.
Ich lache und lache und lache mich aus
ob dieses meines Spiels.
Und spinne doch Träume, so wirr und so kraus,
so bar eines jeden Ziels.
Januar 1941
Ninnananna per me
Mi cullo e cullo e cullo
con sogni di giorno e di notte
e bevo lo stesso vino inebriante
come colui che dorme quando veglia.
Mi canto e canto e canto una canzone,
una canzone di speranza e felicità,
la canto come colui che va e non vede
che non potrà mai tornare indietro.
Mi dico e dico e dico la fiaba,
la fiaba degli intrecci d’amore,
me la racconto ma non le credo più
perché so che finisce male.
Mi suono e suono la melodia
dei giorni che non ci sono più,
e mi libero dalla verità
e fingo di essere cieca.
Rido di me, rido e rido
per questo mio gioco.
Eppure invento sogni storti e confusi
e privi di ogni senso.
Gennaio 1941