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Il libro di Yolek
– Anthony Hecht
Wir haben ein Gesetz,
und nach dem Gesetz soll er sterben.
Abbiamo una legge,
e secondo quella legge lui deve morire.
Il carbone inumidito fuma e fischia dopo il pasto
di trota alla griglia e tu contento t’incammini per la passeggiata
lungo il sentiero di felci. Non importa dove andrai a finire,
solo che ti trovi mondi e settimane lontano da casa,
e in mezzo a colline d’estate hai voluto il tuo campo
in quella gloria di bronzo profondo al finire del giorno.
Ti ricordi, amabilmente, di quel giorno
quand’eri bambino, ricordi proprio quel pasto:
un falò con le pannocchie arrosto in un campo.
Quella volta ti perdesti durante la passeggiata;
e più di quanto vorresti riconoscere, ripensasti a casa:
nessuno sa mai cosa prepara la mente, dove può finire.
Al 5 agosto 1942 può finire.
Era una mattina molto calda. Era il giorno
che vennero all’alba coi fucili alla Casa
dei Bambini Ebrei, interrompendo il pasto
di pane e zuppa calda, mettendoli in fila per una passeggiata
in ranghi serrati fino a un posto speciale, a un campo.
Quanto spesso hai pensato a quel campo
come se fossi in strano modo tenuto a tornare, a finire
a quei bambini, piegati a quella passeggiata,
a Yolek, delicato di polmoni, che neanche un giorno
potè avere cinque anni, costretto a lasciare il suo pasto
trascinandosi tra guardie armate verso la sua lunga casa.
Si avvicina un nuovo Agosto. Porterà presenti in casa
le regole del tormento nel campo
in cui finì Yolek, il suo piccolo, sospeso pasto,
il recinto elettrico, il numero del tatuaggio, e per finire
il caldo straordinario di quel giorno
in cui tutti per forza s’avviarono a una tremenda passeggiata.
Non importa se durante una muta, solitaria passeggiata
o tra la folla, lontano o al sicuro dentro casa,
tu ricorderai, senza scampo, quel giorno,
e l’odore del fumo e gli altoparlanti del campo.
Dovunque tu sarai, anche Yolek sarà lì con te, senza finire
il suo nome impronunciato interromperà il tuo pasto.
Preparati a riceverlo nella tua casa un giorno.
Anche se l’hanno ucciso nel campo dove andò a finire,
passeggerà fino a te per starti accanto, quando siedi per il pasto.
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Anthony Hecht, poeta statunitense, partì per l’Europa come soldato nel 1944, all’età di ventun’anni. Nel 1945 partecipò alla liberazione del campo di Flossenbürg, dove fu incaricato di intervistare i sopravvissuti. Il ricordo degli scontri e delle testimonianze raccolte lo tormentarono per anni, fino a portarlo al collasso nervoso e ad un periodo di internamento. La riflessione sugli orrori della Seconda guerra mondiale e della Shoah sono tra i temi portanti della sua opera. Il testo originale de “Il libro di Yolek” è qui.
Il disegno è di Liana Franklová, 10 anni, dal campo di Terezín, da cui fu deportata ad Auschwitz, dove morì. L’immagine è tratta dal libro I Never Saw Another Butterfly: Children’s Drawings & Poems from Terezin Concentration Camp,1942-44, a cura di Hana Volavkova. Si stima che 15.000 bambini e ragazzi sotto i 15 anni transitarono per Terezín tra il 1942 e il 1944, di questi meno di cento riuscirono a sopravvivere.
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Non è mai tardi per ricordare il tempo che non muore (che ritorna) lasciandoci sgomenti di fronte a noi stessi, tutti inconsapevoli, colpevoli.
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quanto dolore.
una scrittura straordinaria.
grazie
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Grazie, Renata. Quando lo pensi, sembra quasi che possa essere accettabile, perché non ti marchia i giorni, non s’imprime con tutta la sua incombenza. E, per quanto comprensibile, è una vergogna che spesso mi sento addosso.
Quando invece ti sforzi di ascoltare, di guardare, di leggere e capire, è come se tutti i morsi ti si attaccassero al corpo, perché capisci il dolore e l’orrore, la paura che, ringrazi dio, non hai mai provato.
Dobbiamo riuscire, prima o poi, a rendere la memoria un oggetto familiare, una compagna abituale in giorni di pace.
mdp
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Sempre ricordare e non stancarsi di ricordare.
Ricordare tutti/e.
Grazie, un saluto
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MOlto bello, pieno di spettri e presenze che accompagnano i vivi. Anche il disegno della bambina è di una bellezza lacerante.
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Grazie Renata, per questo dono. Hai sempre fiuto nello scegliere versi e tempi giusti! Un abbraccio!
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renata,grazie
c.
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