RISPARMI
Io sto al sud proporzionalmente
appartenenza più che somiglianza
porto tracce degli umori, la durezza
-certi sguardi-
(ci allenavamo a sognare
davanti alla chiesa di San Giovanni
certi che Dio non sarebbe passato
ma questo ci ha reso tenaci
indossiamo una pazienza
non concessa altrove)
se non fai attenzione
nei miei occhi non vedrai le briciole
di una purezza conservata a stento
sotto strati di maglioni a fibra mista
dicono che non ho l’accento
particolare privo d’importanza
le parole tronche, questo conta
sono tutti i miei risparmi
(all’una tornavamo a casa
l’appuntamento per la partita
il pomeriggio di nuovo urla, risate
altri sogni).
STAGIONE DI CONCERTI
E’ un rarefarsi lento d’aria livida
un colpo battuto in terra di nessuno
questo sintomo di vento umido
che non scompone foglie
su noi non lascia traccia
non piove in segno di rispetto
in memoria di un’estate troppo breve
di nuotate in vasca corta
mentre è già stagione di concerti
di code ai botteghini.
PERMESSO DI SOGGIORNO GIORNALIERO
I tram vengono da qui
dai condomini di Gratosoglio
da Quartoggiaro o più indietro
raccolgono pezzi di noi
da depositare in centro
poche ore d’aria
l’istante in cui si mischiano i corpi
sulle scale della metropolitana
quando nulla pare deciso
prima dei caffè, delle brioche
si fa finta di essere uguali.
TERRA DI NESSUNO
Ti telefono da una retroguardia
un metro al di là della linea di confine .
E’ il 31 maggio di un altro secolo
un mattino bianco e distante
privo di contatto
-non c’è campo-
piuttosto terra arsa
ci attende un lungo giugno
lampi d’estate di cui avremmo fatto a meno.
RESTYLING
Di questi tempi è pieno di gru
la città si espande verso l’alto
da ottomila al metro quadro
(non ci sfioriamo, non ci parliamo
gli extracomunitari puzzano
la 90 prendila tu)
anche Marta va in analisi
non cena mai al cinese
“vai a sapere che ci mettono in quei fritti”
Milano sarà perfetta, in tempo per l’expo
piazza Duomo ripulita ancora più rettangolare
-via i piccioni, via i neri e i braccialetti-
stamattina ci siamo salutati
ti ho detto ciao, mi hai dato un bacio
io uno zaino, tu una borsa
io Londra, tu altrove
cos’ha Milano che non va?
[Da: Futuro semplice – di Gianni Montieri. Ed. Lietocolle, 2010.]
Gianni sa…
gran bel libro, vivamente consigliato.
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grazie franz, quasi non mi riconoscevo con queste spaziature diverse,:-) non si riesce a sistemarle? . grazie
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vuoi dire tra una poesia e l’altra?
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no all’interno delle poesie, gli spazi tra i versi. A parte “terra di nessuno” che è giusta le altre non li hanno, forse ricpoiando da word. A volte wordpress le fa ste cose. Comunqu enon è grave, 🙂 grazie
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con o senza spaziature c’è dentro la tua scrittura, che va al “sintomo”..ma sa che dietro il vento è “livido”..um buon libro davvero, V.
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wordpress è una carogna con gli spazi, ma le poesie si lasciano apprezzare ugualmente 🙂
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Da quanto leggo qui, sottoscrivo Viola.
Auguri a Gianni per il libro.
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Gi spazi…non ci pensare, il moloch mette tutto in fila, ma non viene alterato il senso delle tue parole.
Ho davanti a me il tuo bel libro e mi compiaccio con te del peso e della qualità dei tuoi scritti.
“Imparassimo almeno dalle foglie
cadere nella stagione giusta
mantenendo un tono di decoro
la scelta del colore
non essere bandiere
vittime del vento
di prematuri cambi d’opinione
-chiedersi del volo-
fuori dallo stormo come l’aquila
o l’armonico motivo del migrare
davanti al mare
per una volta non accontentarsi.
Magari, Gianni, magari!
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“ci attende un lungo giugno
lampi d’estate di cui avremmo fatto a meno”
Futuro semplice: tempo dello sguardo non velato, cadenzato dalla lucidità. Apprezzo.
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bravissimo Gianni 🙂
stefania
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grazie a tutti….
sì viola…sì 🙂
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Un libro che sta avanzando.
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grazei carla..è vero…avanza anche a mia insaputa
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Ho letto il libro di Gianni Montieri ai giardini pubblici di Macerata, una di quelle mattine tiepide che ci sono pure le mamme coi bambini, i pensionati, i ragazzi che segano la scuola, tunisini non di turno, precari di vario tipo e altra gente che non so immaginare – una platea che sta bene con le sue poesie, con la loro affezione metropolitana, le ricorrenti alienazioni quotidiane, lo sguardo mai del tutto integrato di chi viene da fuori, di chi continua a porsi, da un lato della testa, il problema: “cos’ha Milano che non va?” – Milano come epitome di un paese che non c’è, e difatti quella che chiamo “platea” non lo é, non lo sa, non c’è modo di tenerla insieme ad ascoltare. E’ difficile scrivere una poesia che ha a cuore il semplice, la lingua con cui si vive, senza una comunità che la condivide. Va reso atto all’autore la ricerca di questa compagnia di stralunati, di borderline, di soggiogati che cercano alternative, perché parla di una umanità disattesa che, se mettiamo un attimino a fuoco, ben conosciamo. E’ come l’erba che cresce ostinata nelle rotonde o nelle fenditure dei muretti, ignorata, mezza fiacca, e non si può dire che sia bella, ma vorrebbe vivere, anche senza campo, senza giardino.
Così si vive, nelle fessure, negli “svariati mai risolti contrattempi”, che non diventano mai proprio casa, ma almeno uno spazio in cui adattarsi, almeno fino a che non si imparerà a “non accontentarsi”. Nella solitudine forzata, nella “vita in uno”, nelle passeggiate “ai bordi” del naviglio, delle folle, dei bar, a volte lampeggia “un balenio di pace”, a volte rovinano la stanchezza e il freddo, a volte sta un’ossimorica felicità.
Questo libro è meno ‘lieve’ di quel che sembra: vi si gioca il tentativo di dare il “giusto” posto a un vuoto che ricorre dalla prima all’ultima pagina (“un abisso”, l’armadio, il posto nel letto) – in realtà il “futuro” non è ancora “semplice”. C’è una stella, sì, ma è disegnata per terra.
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senza parole, rena, l’hai proprio “letto”.
grazie
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