da qui
Viola e Medardo stanno bene, anche perché non c’è più posto in ospedale. La scarica di colpi di Vangelis non li ha colti per miracolo: mentre consumavano l’amplesso, avranno pensato a una festa in pineta coi fuochi d’artificio. Ora lentamente si sollevano, aiutandosi a vicenda. Viola, di spalle, sta indossando i jeans di tela scura: i capelli finiscono in boccoli che precipitano fin quasi all’osso sacro; la colonna vertebrale è una specie di tunnel dalle pareti lisce e lucide che sfocia nel bacino, di cui s’intravedono le natiche gonfie come colline baciate dal sole a mezzogiorno; le mani afferrano i calzoni all’altezza della cinghia grossa e nera con moto lento e studiato, che Medardo interpreta come una provocazione maliziosa: si avvicina, assapora l’odore dei capelli misto a quello del lentisco, mette le mani su quelle della donna, accarezza le unghie lunghe spingendo un po’ più forte, sino a farsi male; il suo corpo aderisce all’altro, che fa un leggero movimento, come per sentire meglio il contatto sulle colline turgide che ora sono in ombra, come quando una leggera nuvolaglia nasconde il sole vicino a Recanati e Medardo con la macchina sale e scende in mezzo agli alberi e ai cespugli, alle case diroccate in pietra bianca, ai campi d’insalata che si allungano fino all’orizzonte, ai ciuffi d’erba che svettano sul punto più alto incrociando la linea di montagne in lontananza, sale e scende, finché appare il paese arrampicato a mezz’altezza, come un reggiseno dalle cuciture in sassi, dall’incrocio che gonfia le coppe di giardini e monumenti, le spalline elastiche delle strade grigie e bianche che precipitano lungo la schiena ritta della donna, i boccoli biondi dei capelli, il tunnel dalle pareti lisce e lucide che sfocia nel bacino, nelle natiche sode che Medardo sente vicinissime, oltre la siepe dei sogni senza nome.
“Omnia vincit amor et nos cedamus amori”
(Publio Virgilio Marone – Bucoliche)
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Ricordi molto,molto lontani di una remota e bella giovinezza.
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Bello.
Accattivante.
Propositivo.
S.R.
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Amore Bello (Claudio Baglioni)
cosi’ vai via
non scherzare no…
domani via
per favore no…
devo convincermi pero’
che non è nulla
ma le mie mani tremano…
in qualche modo io dovrò
restare a galla…
e cosi’ te ne vai…
cosa mi è preso adesso?
forse mi scriverai
ma si è lo stesso
cosi’ vai via
l’ho capito sai…
che vuoi che sia
se tu te ne vai…
mi sembra già che non potrò
più farne a meno
mentre i minuti passano…
forse domani correrò
dietro il tuo treno
tu non scordarmi mai…
com’è è banale adesso…
balliamo ancora un po’…
ma si è lo stesso
amore bello come il cielo
bello come il giorno
bello come il mare amore…
ma non lo so dire.
amore bello come un bacio
bello come il buio
bello come Dio
amore mio
non te ne andare…
perché è cosi’
no non è giusto
se è cosi’ se te ne vai
se te ne vai…perché è cosi’
perché finisce tutto qui
tra poco andrai…
un lento, l’ultimo oramai…
e fare finta, che ne so
di essere matto
piangere urlare e dire no…
non serve a niente, già lo so
è finito tutto…
e se tu caso mai…
ma non mi sente adesso…
balliamo ancora dai…
ma si è lo stesso..
amore bello come il cielo
bello come il giorno
bello come il mare amore…
ma non lo so dire.
amore bello come un bacio
bello come il buio
bello come Dio
amore mio
non te ne andare…
vai via cosi’
no non è giusto se è cosi’
sei bella sai…
sei bella sai…
vai via cosi’
finisce allora tutto qui
fra poco andrai…
un lento, l’ultimo oramai…
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CORPO DI DONNA
Corpo di donna, bianche colline, cosce bianche,
tu rassomigli al mondo nel tuo atteggiamento d’abbandono.
Il mio corpo di contadino selvaggio ti scava
e fa saltare il figlio dal fondo della terra.
Sono stato solo come una galleria. Da me fuggivano gli uccelli
e in me la notte entrava con la sua invasione possente.
Per sopravvivermi ti ho forgiata come un’arma,
come una freccia al mio arco, come una pietra nella mia fionda.
Ma cade l’ora della vendetta, e ti amo.
Corpo di pelle, di muschio, di latte avido e fermo.
Ah le coppe del petto! Ah gli occhi dell’assenza!
Ah la rosa del pube! Ah la tua voce lenta e triste!
Corpo di donna mia, persisterò nella tua grazia.
La mia sete, la mia ansia senza limite, la mia strada indecisa!
Oscuri fiumi dove la sete eterna continua,
e la fatica continua, e il dolore infinito.
P.Neruda
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Dopo questa parentesi piena di passione, durata di più di quello che può durare la canzone di Claudio Baglioni, spero che l’incontro fra Viola e Medardo abbia una speranza di continuità e non finisca male come tanti altri incontri e storie.
Altrimenti rimarrà come succede speso solo come uno scopo raggiunto; Lei che ha trovato quello che cercava nel viale degli olmi “un sogno rosa senza macchie, un incontro di labbra mani corpi che cercavano l’uno nell’altro un’utopia che dava senso al ritorno a casa e lo rendeva tollerabile.; per Medardo, un momento di fuga da una realtà che lo opprimeva e che lo faceva uscire per sfogare l’energia accumulata nelle arterie, nello svincolo del cuore, che poteva esplodere da un momento all’altro.
Un abbraccio
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“oltre la siepe dei sogni senza nome.”
IO PRONUNCIO IL TUO NOME
Io pronuncio il tuo nome
nelle notti oscure,
quando giungono gli astri
a bere nella luna,
e dormono i rami
delle fronde occulte.
Ed io mi sento vuoto
di passione e di musica.
Folle orologio che canta
antiche ore defunte
Io pronuncio il tuo nome
in questa notte oscura,
e il tuo nome mi suona
più lontano che mai.
Più lontano di tutte le stelle
e più dolente della mite pioggia.
Ti amerò come allora
qualche volta? Che colpa
ha commesso il mio cuore?
Se la nebbia si scioglie
quale nuova passione mi aspetta?
Sarà tranquilla e pura?
Se potessi sfogliare
con le dita la luna!!
Federico García Lorca
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Pensavo di aver letto una delle più belle e sensuali descrizioni di un corpo di donna nella canzone di Baglioni che di seguito vi scrivo, invece è bello avere conferma che si può fare sempre di meglio e che un autore e la letteratura possono sempre sorprenderti anche quando credi di sapere tutto e che non ci sia nulla da aggiungere a ciò che è stato scritto.
SM
SIGNORA DELLE ORE SCURE
signora delle ore scure
pelle sfumata d’ombre in fuga dalla stanza
sugli occhi un guanto di luce
accarezzai l’idea di lei in lontananza
signora delle ore scure
dolci colline intorno a un muschio vellutato
misteri oltre le ciglia
furtivo come un gatto io mi son laveto
vecchio compagno che aspetto il mio animaletto
sono più grande ho dormito più di lei
e del suo cuore
chiuso in cantina
delle sue guance
pane caldo della mattina
di quel suo viso
diamante puro
di quella schiena che le tiene l’anima
stretta al sicuro
ti succhierei per ore e più
cioccolatino nella bocca
senza mai mandarti giù
signora delle ore dure amazzonica
adolescente nuca morbido sentiero
dove cammino i miei sguardi
a guardia del suo sonno immobile guerriero
signora delle ore dure caraibica
alba sbucciata odore aspro di un’arancia
le ragnatele del giorno
da allontanare via da lei con una lancia
ma c’è una lampada accesa no è solo il sole
solo di sole se riuscissi a vivere
dei suoi capelli
alghe del mare
di quei suoi occhi
olive dolci e mandorle amare
di quelle brune
nomadi dita
delle narici Dio le benedica è lì
che prende la vita
piccolo chicco di caffè
tu non mi devi sempre credere
ma sempre credi in me
non voglio che tu sia un ostaggio
in questo disperato viaggio
l’agnello messo sull’altare
del mio villaggio di fumo
che tu sia solo un tatuaggio
su questo petto di selvaggio
un flipper preso per i fianchi
a farsi coraggio e uomo
fra quelle braccia
colme di seno
su quelle gambe
rami forti e umido fieno
sopra il suo corpo
preso ai pittori
su quella bocca che qualcuno le comprò
al banco dei fiori
e fu così lei dentro un sogno
lei stessa un sogno una vaghezza
io le invidiavo la purezza
dell’impossibile il suo cammeo
il musicista ritrovò
la musica sua sola sposa
la musa allora ritornò
al suo museo
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E’meravigliosamente inquietante come, anche dopo aver consumato l’attimo, Medardo guardi Viola con un desiderio intatto che sembra ancora quello che precede l’amore…
“Mentre il principio del togliersi-le-voglie è inculcato a fondo nella condotta quotidiana dai poteri forti del mercato dei beni di consumo, il coltivare un desiderio sembra inquietantemente,inopportunamente, fastidiosamente propendere dalla parte dell’impegno amoroso”
Z.Bauman (Amore liquido)
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vi ringrazio!
per fortuna c’è sempre un altro modo per dire la stessa cosa.
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Viola è ancora stordita dal suo stesso piacere, confusa fra il suo essere pudico e l’istinto naturale, selvaggio. Si muove lentamente avvolta dall’odore di muschio del dopobarba di lui misto a quel sapore dolce acre di corpo in movimento felino. Con la coda dell’occhio scorge le sue mani bianche, lunghe e forti, capaci di carezze vellutate in ogni dove, tanto da perdere la cognizione del corpo come se il figlio della dea kalì la stesse per deporre su un altare sacrificale. Quelle braccia forti e lisce come rami di baobab, le spalle larghe e dritte che potrebbero stritolarla in un abbraccio e a cui aggrapparsi saldamente come un naufrago. La nuca morbida, a seguire la schiena lunga e liscia in cui affondare unghie di gatto per fondersi corpo nel corpo. Le gambe sode, i glutei marmorei scolpiti da quel Michelangelo che fu l’amore fra due esseri umani che gli diedero forma e vita, il bacino largo a confine della colonna vertebrale, tesa come arco pronto a scoccare la sua freccia, energia vitale, magma dormiente nella gola del Vesuvio, pronto a deflagrare annullando spazio e tempo. Il basso ventre scosso dalle viscere, in un piacere in crescendo come una scala in do maggiore, il petto ampio, pianura dove corrono cavalli bradi al cui centro batte un tamtam, richiamo ritmico e accelerato a cui non si può non rispondere con la stessa passione e accelerazione. La gola ruvida di barba non ancora fatta, le labbra rubate a un quadro di Dalì, il naso di rapace che afferra la sua preda in volo per portarla in un nido alto e lontano dagli affanni del mondo. Gli occhi, abissi marini in cui perdersi, affondare e risalire in una scossa di piacere che è risata cristallina di chi si accorge della vita che prorompe.
La realtà è un muoversi lento e sinuoso, è quella di due occhi che le accarezzano la colonna vertebrale fino a perdersi sulle sue natiche, il respiro di stallone di razza sulla spalla, quelle mani che stringono le sue e la sorreggono, se la lasciasse ora, scivolerebbe giù come sacco vuoto a baciare i piedi di un dio minore. Viola poggia le spalle lentamente al corpo di lui, attraverso la pelle sonda misteri conosciuti ma ancora in piena rivelazione e si abbandona a quel grido forte di Africa, implorando dalla radice dei capelli alla unghie delle dita: prendimi, prendimi ancora, e ancora, fino alla fine del tempo!
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Passione, eros, sentimento, interpretano ferfettamente le sensazioni di Viola e Medardo,; una pagina calda e densa, nella quale il lettore si fonde con il protagonista.
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Che tuffo al cuore leggere questa pagina.
Passione, amore, odori che si intrecciano e che stordiscono la mente!
Dovrebbe essere sempre così, anche nella vita…..
Speriamo almeno che l’autore ci regali altre pagine così intense fino alla fine del romanzo.
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Uhao! Un’unica realtà vista dallo yin e yang.
Concordo con Roby e Sunny ora pero’ vi lascio per una doccia …. Rigorosamente fredda! :-))))
SM
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“… l’importante è essere sempre innamorati della vita” !!!
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grazie!
dovrei darmi al romanzo erotico?
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E’ un’idea, bisogna spaziare fra più generi per capire quale farà di te un dio dell’olimpo … Commerciale:-))) pero’ serve uno pseudonimo tipo… marchese de sade … O ti spretano;-)
SM
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…Chissà, potrebbe essere un’opportunità, ma come suggerisce Stella Maria, con uno pseudonimo…
Scherzi a parte, ma oggi è un giorno importante o mi sbaglio???
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E’ vero, auguri!!!
SM
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Caro Fabry,
in questo giorno importante ti auguriamo che il Signore vegli sempre sulla tua vita e sulla tua vocazione “quindicenne”.
CHE LE ALI DEL TUO CUORE
TROVINO SEMPRE
CAMPI FIORITI
IN CUI LIBRARSI.
Ti stringiamo in un grande abbraccio fortissimo, fratellone!
T&M
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grazie per gli auguri, cari.
il bilancio è positivo, nonostante tutto, anche grazie a lui!
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