1
HUACA
Ondate sul display, sono disposta
a pixel. Dall’era quaternaria
distante come i piedi dai capelli
approdo a sassi di memoria inscritta
selce mai polvere
né arresa
sorpresa forse in segmenti
incisa
a mano libera in sanguigna e calce
campitura perfetta dell’affresco
dove riporto storie. Mi trovate
se non vi basta un coro, quando
scandisco palpiti in assolo
al dio dei rebus
io l’Arlecchino di losanghe
fossili.
2
NON PIÙ
Pregai col viso ch’era più un torrente
mani artigliate alla stadera delle
speranze equanimi
quel tanto da pensare che lo fossero
ma sapeva la parte del mio cuore
quella più esposta al pianto
che non avrebbe bilanciato curve
né spazi vertebrali
tantomeno le creste dei bi_sogni
il dilatare imboccature al tempo
non sarebbe servito ad un travaso
nemmeno di un minuto
e vengo allora con le scarpe in mano
a scuoterle dai sassi
ma non ti chiederò quel che non puoi
se quello che non sai
è l’ultimo dei mondi sul confine
di un’ ignota galassia
3
DECODIFICANDO GODOT
Siamo arrivati fin qui
noi che giocavamo con la sabbia
i trenini di latta
le bambole di pezza
noi che nessuno c’insegnò a barare
seduti composti taciturni
– son discorsi da grandi –
le malizie sostavano in cortile
in trecce scarmigliate
ciuffi rimessi a posto col sapone
inamidato il cuore oltre ai colletti
e sandali d’inverno
chi ci chiede il sapore di quegli anni
innesca micce
ma qui, sediamo tutti intabarrati
pesanti d’anni e di malinconia
stampigliata nel codice l’origine
la data di scadenza indecifrabile
pescatori di nebbia
nell’attesa di vivere davvero.
4
MI HANNO DETTO DI OFELIA
Voci di corridoio (locuzione scontata)
eppure dice
che l’oggetto ci sembra in dedicato
verbale
allora qui domando se qualcuno
l’ha vista nello scorrere del fiume
o dormire
o morire
o l’uncino di un albero di acacia
l’abbia trafitta in salvo
a me pareva
d’averla tra-lasciata
a tra-spirare in vasi di cantina
Nel dilemma
mi annebbio e mi dibatto
considerato che
se sono matto, se racimolo aut-aut
dalle rovine
di un castello di carte (Elsinore, sapete,
è un luogo scritto) niente di fatto
non sono più sicuro del mio nome
e dell’Ofelia
ho perso ogni contatto. Mi darete notizie?
Mi farete sapere se son morto?..
vostro
Amleto
5
Minime (?) COSE
Una tazza da tè nel lavandino
sul pensile barattoli
allineati
la sinfonia dal nuovo mondo, Dvořák
risuona gocciolando nell’immenso
madreperlacea lunula il mio dito
scrosta minuti da una vecchia pendola
la fila di coperchi
le casseruole vuote
i panni stesi
sul davanzale il vaso di basilico
il sole nell’ampolla dell’aceto.
ondeggiano del glicine
tralci leggeri al vento, tra le foglie
sospesa una figura mi sorride…
Un paio di rose
scolorano di petali il giardino.
6
CONTROMISURE
Oh, beh, sì,
potrei parlare di dolcetti al miele
certo potrei
anche di quel loukhoum pistacchi e rose
e poi tutta la gamma dei colori
potrei metterci un tango
o il quartetto per archi in fa maggiore
potrei farvi venire
una crisi glicemica
invece no,
giro la sedia a vite
in calzamaglia
immagino trent’anni e lui be-bop
muscoli e fiato
forse una spruzzatina di far west
e
pupa vieni qui, fatti baciare
pizzi neri e due fucsie tra i capelli
odore che – miodio –
potrò mai farti giungere in ritardo
oh, beh, certo che sì
va tutto bene
hai portato le coppe mon amour?
Vedrai, stanotte un angolo di luna
la cantilena a mantice di un gatto
suggerire deliri
e tu lo vuoi.
7
CHE SIA COSÌ?
Forse mistificazione
a sfavillare dove
resta il grumo a stagnare
e penne d’avvoltoio
mimetizzate da paradisea
una parte asseconda il sé
di meridiane e traffici illusori
l’altra spinge ed assedia
è quello che misura il do di petto
dei polli da spennare
il rigetto di cavoli e caviale
si sdilinquisce a “molcere”
(quale parola-orrore)
sa di moccio, di scivolata in sol_chi
ma tu
quale
ansare ti porta sulla porta?
Qual’effrazione pratichi all’udito?
E per salvarmi appendo alla pineale
il guitto colpo di tosse
a calare di tela
e adesso dimmi pure una parola
tipo “catalogna” chessò…
ti spiego di verdura ripassata in padella
ti piace l’aglio?
Se hai fame non ti vendo
la poesia
8
D’IN_SOLITO ANDARE
Mi sono ricordata a sera tarda
nel togliermi le scarpe
la misura del raggio
dai miei piedi
al centro della Terra
collegamento all’esserci
che mai potrà la mente
coi suoi voli pindarici
conoscere tal quale
le vie del brulicare che
mi scorrono sotto.
M’improvviso entomologa
nel definire il mio cammino immoto
su superficie instabile
nella maniera esatta si direbbe
un tapis roulant
e noi si avanza
– visibilmente scollegati dagli
ipogei del mondo –
la testa immersa in nugoli di cielo
9
FUORI DAL CAMPO
Io non conosco le misure estreme, nacqui
nelle terre di mezzo e attraversai poco profonde
acque, lambire appena i piedi
e spendevo gli spiccioli di un giorno qualsiasi
le briciole di pane di un lunedì
oppure di una festa
di altre minime cose nelle tasche
e venivo a guardare dalla ruggine
di una vecchia ringhiera
lo svolgersi di un fiume tra le case
passavano tetri con le mani
serrate al petto gli habitués degli eccessi
e a guardarli mettevano brividi
eppure si sedevano nel campo di papaveri
neri, a simulare rose.
Ridatemi il mio cielo terso, il mio restare
in disparte, quello che chiedo, infine,
è camminare ancora a testa alta.
un sereno e sicuro silenzio
e poi dormire.
10
VERSO il TACERE
Saranno secoli? Attimi che mi giro
a tascapane, a giustacuore, a scudo
e di necessità virtù mi allaccio scarpe
camminare dovrò
per la carrozza han già preso la zucca
a me non resta che la mezzanotte
la mia fata madrina s’è distratta.
Mi cucio sulla lingua un che di fiato
zenzero e cinnamomo retrogusto
enzima di saliva mordiefuggi
e mi farò bastare ancora il gioco.
Tanto mi sveglierò, verrà il silenzio
quello che non sopporta ancora voci
né le cose sospese
quello che non s’inganna con le impronte
di parole calcate nella sabbia.
E avrò la colpa d’essere poeta
per abuso di suono.
*
CRISTINA BOVE
MI HANNO DETTO DI OFELIA
EDIZIONI SMASHER (2012)
*
Cristina Bove è nata a Napoli il 16 settembre 1942, vive a Roma dal ‘63.
Ha pubblicato tre raccolte di poesie per la casa editrice Il Foglio Letterario:
Fiori e fulmini (2007) Il respiro della luna (2008) Attraversamenti verticali (2009)
E’ presente in diverse antologie:
Antologia di Poetarum Silva (a cura di Enzo Campi) Auroralia (a cura di Gaja Cenciarelli)
La ricognizione del dolore (a cura di Pietro Pancamo) Antologia del Giardino dei poeti (cura da lei e da altri poeti)
Grazie, Giovanni!
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Pingback: su La poesia e lo Spirito « cristina bove
Cara Cristina,
Mi sorprendi sempre piu piacevolmente, stavolta fino alle lacrime, se la poesia che hai dentro e’ questa allora abusa di suono e anche del mio leggere.
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Reblogged this on Nutrire il corpo e l’anima.
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Cara Cristina come sai ho letto molto delle tue poesie, le ho trovate a volte sconvolgenti, a volte ricche di profondo filosofare, sempre ad altissimo livello e bellissime. Qui ti sei superata. Non ho parole per dirti il mio piacere, la mia commozione, il mio stupore nel leggerti. Decisamente sei grande. Un caro saluto ed un grazie per ciò che sai dare. Piero
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Uno stile nudo, raffinato, dove la capacità espressiva è potenziata al massimo delle forze che il pensiero umano può sopportare. Dentro ognuno di noi, uomini e donne, abita Ofelia, coi suoi misteri, segreti e le sue acque, chissà, forse affogata o salvata in extremis, comunque infelice, malata del mal di vita che si intreccia e fonde col mal di morte. Tu continui il passaggio dalla tua umanità personale a quella storica e universale e ti dici e dici la storia a trafitture dolenti eppure soavi.
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Un poeta sa che tutto è ugualmente importante e ben poco è irrinunciabile; viviamo in un mondo si sovrabbondanze , lo sguardo potrebbe esserne catturato, o, forse potremmo farne oggetto di analisi. Un poeta è un demiurgo più che un dio: ri-crea e ri-dice- , fa rilucere le sue scelte, fa cadere gli ingombri. .. Capita talvolta che si senta creatura del mondo con un dolore artrosico, una cefalea, insomma un male molto diffuso. Non è questo che fa il poeta: egli un flauto di canna, una laringe per suoni, per parole che non sanno restare dentro la gola.
Narda
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Semplicemente, dal cuore, vorrei dire che i versi di Cristina Bove mi colpiscono sempre…
“noi che nessuno c’insegnò a barare”!
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Grazie a Fabrizio per l’ospitalità e a Giovanni per aver ritenuto validi questi testi.
Stella Maria, è sempre una piacevole sorpresa, per me, riscontrare che ci sono anime che “sentono” ciò che ho provato a esprimere e a condividere.
Sono a mia volta commossa della tua commozione. Grazie!
Piero, mi fa molto piacere che tu mi segua e riscontri i miei miglioramenti. Ti ringrazio ddi essere presente anche qui con i tuoi apprezzamenti.
Mimma, che sai entrare così profondamente nell’anima, che riesci a intuire anche il non detto, che sai leggere tra le parole e gli spazi… Grazie infinite!
Cara Narda, che sorpresa leggere il tuo commento, le tue considerazioni sulla poesia che condivido in pieno. Grazie di infinite anche a te!
M&C, che dire? sintesi che conforta. Grazie!
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Pioggia innocua di precise frecce di Hermes verso i nostri bersaglio-cuori, melodia di laiche giaculatorie che fecondano la meditazione perfetta.
Grazie per cio’ all’autrice e a chi pubblica.
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Finché continuerà ad essere letto Amleto non muore mai, come le poesie che Cristina Bove scrive perché esse continueranno ad essere lette nel tempo.
Grazie, Cristina
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Minime (?) COSE
Piccoli, meravigliosi dettagli della vita!
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Gum, a mia volta ringrazio chi mi legge e chi mi ospita.
e sono felice che le mie “frecce” arrivino al centro del cuore.
Raffaella, il mio grazie anche a te che prospetti alla mie poesie un futuro di condivisione.
Spero che lascino almeno un’eco della mia anima…
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Lieto di aver postato questi testi di Cristina.
I suoi versi musicali e ben costruiti molto dicono dell’autrice e di una generazione, con onestà di sentimento e di dubbio, senza compiacimento, pensando che qualcosa di meglio possa/debba ancora venire (“chi ci chiede il sapore di quegli anni/innesca micce/ma qui, sediamo tutti intabarrati/pesanti d’anni e di malinconia/stampigliata nel codice l’origine/la data di scadenza indecifrabile/pescatori di nebbia/nell’attesa di vivere davvero.”). Il mondo ormai alle spalle era davvero il miglior mondo, come molti ex giovanotti di allora insistono a dire? Cristina sembra prendere le distanze sia dalle certezze sia dagli estremismi (“Io non conosco le misure estreme, nacqui/nelle terre di mezzo e attraversai poco profonde/acque, lambire appena i piedi/…/passavano tetri con le mani/serrate al petto gli habitués degli eccessi/
e a guardarli mettevano brividi/eppure si sedevano nel campo di papaveri/neri, a simulare rose.”).
Ciò che davvero conta, in fondo è: “il mio cielo terso, il mio restare/in disparte, quello che chiedo, infine,/è camminare ancora a testa alta./un sereno e sicuro silenzio/e poi dormire.” Come recitano alcuni versi di Pasternak (Essere famosi non è bello), “…bisogna vivere senza impostura,/vivere così che alla fine/ci si attiri l’amore degli spazi,/che si oda l’appello del futuro./…/E neanche d’un nulla tu devi /venire meno all’uomo,/ma essere vivo, vivo e null’altro/vivo e null’altro fino alla fine”.
Giovanni
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Sono contenta, Giovanni, che tu abbia dato risalto a questi versi da me molto sentiti.
E di averne colto l’essenziale.
Molto bello il riferimento alla poesia di Pasternak.
Ancora grazie di cuore a te e a Fabrizio di avermi ospitata in questo luogo dello sprito.
cristina
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grazie sempre a te, Cristina, e complimenti per il dono della poesia che continui a farci qui.
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noto con piacere che Dvořák ci accomuna
sinfonia dal nuovo mondo
che respiro!
Mi complimento con l’arlecchino di losanghe per questi versi stupendi!
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Grazie. Bellissimo incontrare la poesia di Cristina, così limpida e sincera. Con la sua umanità tesa al centro, dove nasce l’emozione, dove muove la bellezza
Liliana
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Carla, sono felice di condividere la passione per Dvořák, in particolare io non mi stanco mai di sentire ” “Song to the moon” (Rusalka) e la preferisco tra tutte cantata da Renee Fleming.
quando scrivo versi ascoltandola, vado in un altro mondo…
grazie, cara!
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Cara Liliana, grazie delle tue belle parole di apprezzamento.
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Grazie ancora, Don!
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