
Silvia Pareschi, traduttrice dall’inglese all’italiano di grandissimi autori – da Jonathan Frazen a Zadie Smith, da Junot Díaz a Julie Otsuka, da Nancy Mitford a Don DeLillo (e molti altri ancora) – …… Ciao Silvia, innanzitutto complimenti per il tuo lavoro di traduttrice e per aver dato la possibilità a moltissimi italiani di conoscere le opere di alcuni dei migliori autori degli ultimi anni. Comincerei con un paio di domande alle quali hai già risposto probabilmente molte volte, ma che possono aiutarci a capire chi sei.
1) Come sei arrivata a fare la traduttrice?
Grazie a una buona dose di fortuna. Mi sono laureata in lingue con una vaga idea di voler tradurre letteratura, quella russa, però. Dopo la laurea e una serie di lavoretti per sbarcare il lunario, mi sono iscritta al master in tecniche della narrazione alla scuola Holden di Torino, sempre con una vaga idea di voler lavorare nel mondo dell’editoria. Durante il master, mentre seguivo un seminario sulla traduzione, venni notata dalla docente, Anna Nadotti, che mi segnalò alla casa editrice Einaudi. La mia prima traduzione pubblicata fu Le correzioni di Jonathan Franzen. Non potevo sperare in un esordio migliore.
2) Parliamo, appunto, dei tuoi esordi nel difficile mondo della traduzione. Te lo chiedo soprattutto a nome di quanti non conoscono certe dinamiche dell’editoria. Come funziona? Scegli tu chi tradurre? Vieni scelta? E cosa succede se non riesci a sviluppare un feeling con l’autore e col testo?
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