La grande gioia di Tagore
di Giovanna Menegus
Il mondo è nato
dalla grande gioia,
il mondo è conservato
dalla grande gioia,
e nella grande gioia
entriamo dopo la morte.
*
Ogni mattina al benefico tocco della luce
Ricevo dell’esistenza il dono –
[…]
Come mani giunte imploranti
Si volgon gli occhi miei al cielo.
Questa luce di vita m’elargì il primo saluto
E l’ultimo dono della vita mia
Posto sarà sull’ara della luce,
Dietro le rive dell’occiduo mare.
Sento che tutto non è stato detto –
Però son le parole tutte vane!
Compiutamente non fu del mio cuore la melodia accordata
Con l’armonia del cielo –
E rinvenuto non ho la mia voce.
1 Dic. 1940: Mattino
*
Quando presi sonno non so –
Destandomi trovai ai miei piedi un cesto d’arance.
Spandendo l’ali della fantasia
Mi sovvenni di molti cari nomi.
Intorno ad un ignoto
Molti nomi si strinsero
Che d’ogni parte giungevano.
Un nome lievitò molti altri nomi,
Che in questo dono avevano l’unico loro senso.
21 Nov. 1940
I versi posti in apertura sono non propriamente di Tagore (Calcutta 1861-1941, Nobel per la letteratura nel 1913), bensì degli antichi saggi indiani, i rishi, cui egli si ispirava. Si leggono sulla quarta di copertina di un volume della storica collana di poesia «Fenice» diretta da Attilio Bertolucci, da cui sono tratti anche gli altri due testi (Le ali della morte. Le ultime liriche di Rabindranath Tagore, a c. di Augusto Guidi, trad. dalla versione inglese di Aurobindo Bose, Guanda, Parma 1961).
Dopo la data molte tra le poesie di questa raccolta riportano l’indicazione «Mattino».
È stata invece composta di «Pomeriggio» la lirica «Di fronte si stende l’oceano di Pace» (p. 91), l’inno che per desiderio di Tagore stesso sarebbe stato cantato durante il servizio funebre in sua memoria.
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