Maternità del rosso
Rosso che è il rosso viscerale
nella gola secca del gallo
tragico, lì
che canta che canta che canta
lì, sull’aia sterminata e deserta
sotto le mappe celesti.
Lui non è uccello ma è il rosso terrestre,
la prima sentinella,
dritta dalle sue zampe alla cresta,
cresta che spartisce il vento il vento il vento.
Ma dov’è dov’è dov’è se io sono il rosso
se io sono
il poema rosso furente se io sono
la bestia atomica che gira sola
tra le pietre e gli orti del mio alfabeto dov’è
dov’è l’ombra
e il dio liquido?
Anna Maria FARABBI, Fioritura notturna del tuorlo
Tracce, Pescara, 1996
Blu di Prussia, Piacenza, 2011
Tu che risplendi
a lontana burrasca sulle vigne
o sole dorato sole
quanti galli per te, quanti galli.
Ma il vento ha sconvolto il grano,
il vento ha strappato alle vigne
i grappoli d’uva, il vento
ha rubato alle bocche
dei nostri fanciulli innocenti.
E i galli dovremo ammazzare,
strappare agli occhi dei nostri
bambini le creste dei galli
vermiglie sui cumoli di fieno.
Umberto BELLINTANI, in Nella grande pianura
“Lo Specchio. I poeti del nostro tempo”, Mondadori, Milano, 1998
*
Traggo entrambi i testi – di straordinaria forza vangoghiana – dall’antologia Melodie della terra. Novecento e natura. Il sentimento cosmico nei poeti italiani del nostro secolo, a cura di Plinio Perilli, Crocetti editore, Milano, 1997, 576 pp.
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