
Vedere Dio: è tanto difficile? Solo per chi non guarda il cielo. Bisogna alzarsi presto, la mattina, restare davanti alla finestra, in attesa dell’alba. Ogni giorno è un colore diverso, uno sguardo pieno di sorprese inesauribili.
Vedere Dio: è tanto difficile? Solo per chi non guarda il cielo. Bisogna alzarsi presto, la mattina, restare davanti alla finestra, in attesa dell’alba. Ogni giorno è un colore diverso, uno sguardo pieno di sorprese inesauribili.
Il tempo estivo favorisce le riflessioni estemporanee. Oggi vi propongo questa. La qualità di una relazione non dipende dalla sua facilità, ma dalla capacità di superare gli ostacoli che si frappongono. I matrimoni più riusciti sono quelli in cui i coniugi coltivano l’arte difficile della conoscenza di sé e dell’altro. I problemi cominciano quando si vorrebbe che la riuscita fosse spontanea: nella vita umana, i risultati che contano sono frutto di un duro lavoro. Il cuore ha bisogno di artisti che confezionino pazientemente il capolavoro necessario.
Celebriamo le feste del Signore senza coglierne il senso fino in fondo. Per quanto riguarda il Corpus Domini, dice il Cristo alla Bossis, sarà autentico quando avrà le preferenze di tutte le anime. A Lui interessa la salvezza, più che il rito.
di Stefanie Golisch
Nel paese delle pere mature gli uomini
si chiamavano Fritz e Heini, le donne tutte
Elsie. I cani li chiamavano gatto e i gatti
cane, non si sapeva perché, ma era sempre
stato così. Quando bevevano, facevano bere
gli animali insieme a loro e alla fine, nessuno
si ricordava più di nulla. Si moriva piuttosto
giovani, ma sereni. La vita era stata tanto
leggera, perché la morte avrebbe dovuto
essere diversamente?
Tutto passa, lo sappiamo. Come la rosa che sfiorisce e non conserva nulla dell’antico splendore. Solo Cristo è per sempre, e coloro che vivono di Lui, rose immortali sullo sfondo di illusioni estinte.
Ci sentiamo feriti dalla fragilità, spaventati dalla nostra insufficienza. Tendiamo a lasciarci invadere da un sentimento di resa, di scoraggiamento. È questo che vuole il Signore: che ci arrendiamo, che ci abbandoniamo, che diciamo, una volta per tutte e finalmente: pensaci Tu.
da qui
Forse ci sfugge la concretezza dell’intimità con Dio. Ha bisogno di vicinanza, di silenzio, di raccoglimento. È come lo sposo con la sposa: non c’è niente di peggio della distrazione.
Gesù è L’Ostia, noi l’ostensorio; i raggi d’oro, le grazie che comunica attraverso di noi. Cosi dice il Cristo alla Bossis. Certo, da questa prospettiva, la vita è un’altra cosa.
Proseguo la pubblicazione degli scritti di Giovanna De Angelis iniziata a gennaio scorso con il penultimo post dedicato a questa formidabile e sopraffina intellettuale. Questa volta si tratta di un saggio sull’opera complessiva di Edith Bruck che venne pubblicato su “Avanguardia”, a. XII, n.34, 2007. Il titolo è Il dolore morale e la scrittura: il caso Edith Bruck e potete scaricare qui il pdf: 09 edith bruck.
Buona lettura!
Senza la misericordia non saremmo. Poi ci possiamo illudere sulle nostre forze, le capacità, i programmi che sembrano invincibili, assicurati contro ogni accidente. Il fatto è che l’accidente siamo noi: la sostanza è Cristo, la misericordia in Persona, che ci tiene in vita.
Un uccelletto
Proprio ho sperato che volasse via,
e non cantasse sempre davanti a casa mia;
gli ho battuto le mani dal limitare
quando non l’ho potuto più sopportare.
Mio in parte il torto dev’essere stato.
L’uccelletto non era stonato.
E qualcosa non va, qualcosa manca
in chi vuol far tacere uno che canta.
Abbiamo parlato tanto della sofferenza. Sta qui il pregiudizio verso il Cristianesimo: dicono sia una fede doloristica, al limite del masochismo. Ma l’egoista, di fronte alle contrarietà, non trova niente di meglio che fuggire, mentre chi ama è capace di restare là, sotto la croce, come Maria.
a cura di Francesco Dalessandro
Breve prosa metrica
Non ho mai creduto alla favola del poeta invasato dal dio; /
piuttosto a un interiore rovello imbrigliato dalla necessità della forma. /
E per aver perso l’esercizio (il vizio, se si vuole; magari l’istinto) /
dei versi – la fede, per così dire, nella loro necessità –, /
non potevo non stupirmi del dono ricevuto la mattina di Natale. /
M’ero svegliato presto, con la vaga sensazione che dovesse accadermi /
qualcosa; o forse con l’inquietudine che tutto, mio malgrado, fosse /
già accaduto durante il sonno. Passato l’attimo in cui la coscienza, /
non ancora vigile, fluttua come una bolla di sapone, fatica a rientrare /
nel suo alveo di certezze e il pensiero mette a fuoco i dettagli /
(i bersagli) quotidiani; passato, dico, lo spaesamento del risveglio, /
sentii come un ronzio nelle orecchie, un suono interiore crescente /
a poco a poco e che, dapprima distante, via via avvicinandosi, /
prendeva corpo e, facendosi chiaro, diventava comprensibile. /
La mente, allora, dal suono, riconobbe trattarsi di una breve /
sequenza di parole, e il ritmo, scandito da cesure decise e precise, /
rivelò quel che erano: versi. Perché io, che non avevo mai creduto /
al dono del canto; io, poeta ridotto al silenzio, ricevevo un tale dono? /
Stentavo a crederlo. Tuttavia, temendo di perderli, quei versi, /
nelle pieghe delle riflessioni, m’affrettai ad alzarmi e a trascriverli, /
rinviando a dopo ogni analisi:/
I bambini hanno bisogno di tenerezza, dice il Cristo alla Bossis. Quante volte ci è mancata, in nome di principi educativi, di discipline arcane, di strategie ineffabili. Ma spesso la verità è molto più concreta di un programma: le basta una carezza per diventare operativa.
Queste, o lettore, sono
Le mie lande scapigliate
La zazzera dei terreni
Che daranno fieno il cui
Sentore arriverà in paese
L’unica realtà, sai, è la terra
Che consiste e non si spegne
Accoglie le ossa delle vecchie
Plasma il fiato del nascituro
Lambisce le falde ingloba
I fossili e tutti i secreti
Delle sue terre mio nonno
Ricordava tutte le “tavole”
Certissimi incolti fragmenti
Queste, o lettore, sono
Le mie lande scapigliate
Verdi di verzura subalpina
E ora sul ciglio della ciclabile
Le ritraggo e le macchio
Mentre giunge un velocipede
Con la mia ombra
Max Ponte
Villanova d’Asti, 31 maggio 2019
Poesia pubblicata anche su ATNews.it, Quotidiano online di Asti, Monferrato, Langhe e Roero
L’avete fatto a Me (Mt 25,40). È uno dei punti più ardui del Vangelo. Vedere Cristo negli altri, certe volte, è un’impresa impossibile. È allora che bisogna ricordare le parole dell’angelo a Maria: nulla è impossibile a Dio (Lc 1,37).
Non sono molto interessata allo sport e non seguo nessun tipo di evento agonistico, tutt’al più mi può capitare di intercettare per caso quello che (di rado) guarda mio marito. Ma il precedente era invece un grande tifoso romanista e mi è a volte “toccato” − per ragioni di socialità − seguire alcune partite in televisione, sentendomi invasa dalle urlate cacofonie del pubblico, le risse sul campo e sugli spalti, le scorrettezze tra giocatori, i gesti violenti, le grida razziste e sessiste. Qualcosa che ho sempre trovato una via di mezzo tra l’ansiogeno e l’urticante. Continua a leggere
da qui
Ci accorgiamo della differenza tra le parole e la Parola? È un buon test per verificare lo stato spirituale in cui versiamo. L’anima aperta ha un’antenna infallibile, in grado di captare la Parola che è all’origine di tutto. Signore, dacci un lev shomea (1Re 3,9), un cuore che sappia ascoltare.