DI CARLO GAMBESCIA
(Pubblicato col titolo: “Controcultura e 68” in Metapolitics)

Il capitalismo, come ogni altro sistema storico, tende a generare al suo interno forme di cultura complementari (subculture), legate alla sua conservazione. Sotto l’aspetto sociologico la differenza tra l’ideologia capitalista e ad esempio quella imperiale romana, è nella diversa preminenza e forza del sottosistema economico. Che nel capitalismo, a differenza della Roma imperiale, esercita tuttora una funzione determinante. Di qui la stretta relazione, nella società capitalista, tra le subculture del consumo e le istituzioni economiche del mercato e del profitto.
Tuttavia, come ogni altro sistema storico, anche il capitalismo, ha generato per reazione controculture, volte a mettere in discussione i fondamenti del sistema. E questo è avvenuto, pur in forme e contenuti ideologici differenti, fin dalle sue origini. A partire dal luddismo per giungere alla cultura solidarista del welfare state, passando per il cattolicesimo sociale e corporativo, il comunismo, il fascismo e il nazionalsocialismo. Come a sua volta, per tornare al nostro esempio storico, l’ideologia imperiale romana, politeista, militare e schiavista, generò la controcultura cristiana, monoteista, antischiavista e pacifista. E dunque in linea di principio antisistemica (cioè sorvolando sui successivi e concreti sviluppi storici del cristianesimo).
Pertanto quando si parla del Sessantotto, occorre sempre distinguere tra la sua valenza controculturale, in termini di critica sistemica economica e sociale del capitalismo e la sua “cultura”, sovrastrutturale, dei diritti civili, facilmente tradottasi nelle successive subculture del consumo, anche “giovaniliste”, interne al sistema, e perciò funzionali al sistema stesso. Mai confondere la prima con la seconda.
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