I santi, in paradiso, glorificano Dio; glorificare sulla terra è cominciare a essere nel Cielo. Bisogna unirsi ai santi per esaltare, alle anime del purgatorio per purificarsi, ai santi sulla terra per combattere. Siamo la Chiesa militante: crediamo per coloro che non credono, amiamo per coloro che non amano. Salvare un’anima è l’impresa più importante.
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Questo canto
da qui
C’era una volta un uomo che aveva il coraggio di gridare, nelle vie polverose della Palestina. Chi dice per tre anni, chi per uno: fece in tempo a dire tutto, o comunque molto, procurando fastidi, minando strutture fatiscenti, meccanismi perversi. C’era molta folla ad ascoltarlo: qualcuno ritiene che cantasse, per farsi sentire dai lontani. Potesse questo canto alzarsi oggi, potessero tremare come allora, le officine del male.
Rendere simili le chiese a Gesù e non Gesù alle chiese
di Mauro Pesce
C’è oggi una teologia cattolica italiana che finisce per
ostacolare l’accesso diretto di tutti alla figura storica
di Gesù.
E’ la teologia che dice che dovremmo
leggere i vangeli interpretandoli alla luce di una
certa teologia cattolica di oggi.
Ma è esattamente il contrario di quello che
dovremmo fare:
modificare la teologia in base a
quello che Gesù ha fatto e detto;
non: modificare
l’immagine di Gesù per renderla simile alla teologia di oggi.
Cattolici, pensiamo a un concilio Vaticano III
di Vito Mancuso
Sono passati cinquant’anni dal primo annuncio del Vaticano II da parte di papa Giovanni e nella Chiesa si discute ancora sul significato di quell’evento. Io ritengo che il problema oggi in realtà non sia tanto il Vaticano II quanto piuttosto il Vaticano III, e per illustrare la mia tesi inizio con un riferimento alla politica italiana. In essa una serie di circostanze ha fatto sì che coloro che amano definirsi progressisti si ritrovino ad avere come principale bandiera la difesa del passato, nella fattispecie la Costituzione del 1947. Io sono fermamente convinto della necessità di essere fedeli ai valori della Costituzione e ho qualche sospetto su certe dichiarazioni in suo sfavore (poi quasi sempre ritrattate), ma non posso fare a meno di notare che il messaggio complessivo dei progressisti che giunge al Paese sia perlopiù rivolto al passato, mentre quello dei non progressisti sia paradossalmente più carico di progresso, di desiderio di innovare e di cambiare (che, vista la diffusa insoddisfazione rispetto al presente, è quanto tutti desiderano). Per evitare che la stessa cosa avvenga nella Chiesa trasformando i progressisti in antiquati lodatori di un tempo che fu e in risentiti critici del presente (pericolo più che concreto), a mio avviso è necessario iniziare a coltivare nella mente l’idea di un Vaticano III, applicando lo spirito del Vaticano II a ciò che di più urgente c’è nel nostro tempo, cioè la comprensione della natura e della vita umana in essa. Continua a leggere
Un manifesto della fede cristiana
La fede cristiana nasce da un’esperienza d’amore: l’incontro con Cristo. Nei vangeli è un dato chiaro. Ciò che non nasce dall’amore non è cristiano, perché “Dio è amore” (1Giovanni 4,8). Questa premessa è inevitabilmente critica nei confronti di espressioni religiose che lasciano intravedere altre motivazioni e altri fini. Una verifica continua in tal senso conviene anzitutto ai fedeli del cristianesimo: perdere credibilità significa non raggiungere più il cuore della gente e conseguentemente screditare i propri ideali. Il passaggio delicato è quello dal carisma all’istituzione: un percorso obbligato, che non può diventare un alibi per tradire le caratteristiche originali. Il fondatore si riconoscerebbe ancora nella religione o nel movimento da lui iniziati? Continua a leggere
La Chiesa, Israele e gli ebrei
di Giorgio Israel
I rapporti ebraico-cristiani sembrano essersi incagliati dentro un arcipelago di scogli: quando sembra che ne sia stato evitato uno ne emerge un altro e le cose sembrano andare di male in peggio. Cosa accade? Cosa sta bloccando un processo che fino a poco tempo fa sembrava orientato nella direzione più promettente?
Cominciò con il Concilio, con la “Nostra Aetate”, proseguì con la visita di Giovanni Paolo II alla Sinagoga di Roma e poi al Muro del Pianto di Gerusalemme. Il processo sembrava inarrestabile. Lo contrassegnava l’ammissione dei torti inflitti al popolo ebraico, la cancellazione dell’accusa di deicidio, il riconoscimento del legame profondo tra la Casa di Israele e la Civitas cristiana: fratelli “maggiori” e “minori”. Questa via dei rapporti era giusta e inevitabile ma, alla lunga, non poteva (non può) bastare. Il riconoscimento di un legame non può arrestarsi alla declamazione ma deve proiettarsi nel futuro e sostanziarsi di fatti nuovi. La doverosa ammissione dei torti inflitti non può tramutarsi in un processo infinito, in un elenco senza fine e continuamente riaperto: nessuno può restare in perpetua penitenza per le colpe compiute dai padri. D’altra parte, nessuno può pretendere di mettere una pietra sopra la storia dell’antisemitismo. Continua a leggere
Oriente, minacce e speranze nella culla della croce
di Enzo Bianchi
Costantinopoli, Alessandria, Antiochia, Gerusalemme… quattro delle 5 città che componevano l’antica «pentarchia» sono in quella regione della terra designata come «Oriente», «Vicino Oriente» o «Medio Oriente». È lì la culla della fede cristiana; lì fiorirono le prime comunità di discepoli del rabbi di Galilea; ad Antiochia (nell’attuale Turchia), secondo la testimonianza degli Atti, essi ricevettero per la prima volta il nome di «cristiani»; dall’Oriente giungono tesori di cultura, di arte, di spiritualità: pagine di sapienza che, come un fiume carsico, hanno irrigato anche l’Occidente, si pensi in particolare ai grandi padri greci e siriaci, ma anche a copti, arabi, armeni ed etiopici. Ma chi sono questi cristiani? Cosa resta di loro? Il cristianesimo nasce come una realtà plurale, e tale rimane ancora oggi. Una pluralità dovuta a diversità di origine, cultura, storia, idioma. Semiti e greci innanzitutto, ma non solo. L’evento unico della morte e resurrezione di Cristo è stato elaborato e tramandato secondo categorie proprie a ciascun popolo, in una diversità che, pur non essendo mai stata pacificamente accolta, è riuscita tuttavia a non compromettere l’unità del corpo, almeno fino agli inizi del V secolo. Il concilio di Efeso nel 431 segna infatti la prima divisione tra cristiani di cui resta ancora oggi, non sanata, la ferita: uno dei concili più dolorosi della storia della Chiesa, dove allo schietto desiderio di affinare la comprensione del dogma cristologico si mescolarono anche rivalità personali e instabili equilibri politici. Continua a leggere
A me chi ci pensa?
Sonia Marra è scomparsa da due anni.
Era una studentessa che lavorava part time come segretaria per la
scuola di teologia della diocesi di Perugia. Emanuela Orlandi è
scomparsa da 25 anni, suo padre all’epoca era commesso della
prefettura della casa pontificia. La frase che accomuna queste due
sparizioni, quantomeno nei commenti comuni è: “Tanto so’ stati i
preti!”
E da quella frase alla stura di “facciamo vendere i beni alla Chiesa”
alle perplessità su questo Pontefice dall’aria restauratrice e ogni
altro tipo di luogo comune del genere il passo è brevissimo.
E a me, chi ci pensa? Continua a leggere
Il soprabito attillato
Avevo un soprabito attillato che mi dava importanza, soprattutto quando andavo a leggere all’ambone, convocato da un padre di nome Jesùs. L’altro si chiamava Serafino, piccolo e calvo, dinamico, con una voce stridula dal forte accento spagnolo. Era la chiesa di riserva: quella grande e fredda, tutta bianca, si trovava in cima alla collina, alla fine di uno scalone immenso, per ricordare che il paradiso te lo devi guadagnare. L’edificio era dei tempi del fascismo, credo, come gran parte del quartiere. Mi sentivo imbarazzato di fronte a tanto sfoggio di potenza: forse fu lì che accentuai la mia tendenza al riserbo e alla misura. Più l’architettura mostrava i muscoli, più mi rifugiavo nel silenzio dei miei libri. Fui tra gli ultimi a imparare il catechismo in forma di domanda e risposta: Chi è Dio? Dio è l’Essere perfettissimo. Me l’immaginavo freddo come i marmi del Ventennio, imponente come le enormi statue bianche che mi squadravano dall’alto. Non ricordo di aver notato differenze fra l’opuscolo del catechismo e quello della scuola guida, una decina d’anni più tardi. In fondo si trattava di motori, uno dei quali era detto immobile. La corte celeste era il Ministero dei trasporti e la condanna all’inferno una sorta di ritiro di patente. La fede è un dono miracoloso se resiste alle insidie dell’Istituzione. E se fossero queste incongruenze a rivelarti un Dio che non è mai perfettissimo, ma ha la faccia del mendicante accucciato fuori della chiesa, un Dio che non è affatto immobile, ma ha le gambe velocissime dello zingarello che ti ruba il portafoglio? Forse, Dio, lo trovi solo se rinunci al soprabito attillato che ti dà importanza, quando la scala da salire resta l’unico titolo di cui fregiarti, la chiave per comprendere la vita, anche se padre Jesùs o fra’ Serafino, col suo forte accento spagnolo, non ti chiamano più, per leggere all’ambone.
(versione audio)
Chi gira intorno a cosa
di Antonio Sparzani
Le recenti vicende centrate attorno alla mancata visita del Papa all’Università La Sapienza di Roma hanno toccato anche questioni scientifiche centrate sulla figura di Galileo e sulla sua decennale vertenza con il Santo Uffizio dell’epoca. E hanno anche riguardato la posizione del noto epistemologo contemporaneo Paul Karl Feyerabend, da non molto scomparso, accreditandogli un po’ frettolosamente una posizione di incondizionato appoggio alla famosa condanna di Galileo.
Non intendo offrire qui alcuna valutazione complessiva sulla vicenda, che se mai ho già detto in altri luoghi, ma non riesco a trattenermi dal cercare di dire qualcosa che contribuisca a chiarire dal punto di vista della fisica queste problematiche, che non sono certo esauribili negli slogan purtroppo più diffusi, tipo “la chiesa oscurantista voleva fermare il progresso della scienza”, oppure “è ormai risaputo che è la Terra che gira intorno al Sole e non viceversa”. Purtroppo, per ragioni storiche che non sono qui in grado di indagare e di mostrare, si è affermata nell’immaginario collettivo dei non addetti ai lavori, ma talvolta anche nel loro, una formulazione facile e sbrigativa della questione che appunto viene riassunta nei due slogan ora citati. Continua a leggere