di Giovanni Agnoloni
L’anno scorso intervistai Vanni Santoni su Postpopuli in occasione dell’uscita del primo volume della sua trilogia fantasy, Terra ignota – Risveglio.
Dopo la pubblicazione, sempre per Mondadori, del secondo atto della serie, Le figlie del rito, ci ritroviamo qua a parlare di fantasy e non solo.
Col secondo atto di Terra ignota, prosegue la tua saga fantasy. Quali le note salienti del tuo approccio al genere, in particolare in questo sequel?
Quando mi sono approcciato al fantasy, avevo ben chiara l’idea di quello che intendevo fare: da un lato un grande romanzo postmoderno che includesse quanti più possibili riferimenti al “canone” fantastico occidentale (sia alto che basso); dall’altro, un romanzo popolare, avventuroso, di intrattenimento, che rispettasse le regole proprie del genere. Di Terra ignota è già stato scritto molto, e molte sono le definizioni che ne sono state date: “fantasy puro”, “action fantasy”, “fantasy postmoderno”, “shonen”; alcuni hanno parlato di “fantasy classico” e altri di “fantasy atipico” (definizioni apparentemente opposte), e anche di “fantasy per letterati”, o di “ponte tra fantastico colto e fantastico popolare”. In realtà credo che siano tutte etichette sensate, a seconda della prospettiva da cui si guarda al testo. Continua a leggere