
Duri con noi stessi e dolci con gli altri: una norma da non dimenticare. Di noi sappiamo poco, degli altri nulla. Bisogna che lo Spirito faccia il suo lavoro, nonostante noi: che faccia udire i suoi gemiti, inesprimibili a parole.
Duri con noi stessi e dolci con gli altri: una norma da non dimenticare. Di noi sappiamo poco, degli altri nulla. Bisogna che lo Spirito faccia il suo lavoro, nonostante noi: che faccia udire i suoi gemiti, inesprimibili a parole.
Ci sarebbe da chiedersi perché diffidiamo di Dio: per ignoranza, per egoismo, per paura? I motivi sono tanti, ma il risultato è quello: sfiducia, fuga, distanza. E se facessimo il cammino opposto? Controcorrente, è il motto della fede.
Quando siamo privi di forze e ci sembra impossibile proseguire nel cammino, quando ogni risorsa pare esaurita definitivamente, proprio allora dobbiamo prendere le forze da Gesù, contare sul Suo sguardo, la Sua voce, il Suo amore inesauribile.
Non aspettare la fine, per credere all’amore. La pace comincia nel momento in cui la fiducia prende il posto di ogni alternativa. Non sei lontano dal Regno di Dio, se sei visitato dalla pace.
Gesù invita Gabrielle ad affidarsi a Maria, la Madre dolorosa e immacolata, perché molti problemi sorgono a causa dell’orgoglio, e nessuno meglio di Lei può insegnarle la via dell’umiltà. Le chiede di ammettere che, con un Padre, una Madre e un Fratello così, può sentirsi supportata nel cammino terreno. Deve solo curare di non perdere il contatto con doni così grandi.
Ciò che salva è la fiducia. Un atto di fiducia radicale può salvare anche in punto di morte: è l’insegnamento del cosiddetto buon ladrone. Magari non sarà un grande amore, ma è tutto quello che l’anima può dare; per questo Gesù ne è toccato sul vivo, e fa sua la volontà della creatura, come confida alla Bossis.
Gesù dice a Gabrielle di rivolgersi a Lui con fiducia, se si aprisse una falla a causa del peccato: è l’unico che può reintegrare nella vita, soddisfare e rispondere a qualsiasi desiderio. È il vincitore: nulla può opporsi alla Sua azione salvatrice.
Gesù vuole convincerci che fa di tutto per venirci incontro, che ama la fiducia che si ripone in Lui, come noi ameremmo la fiducia di una povera creatura debole che si rivolge a noi. L’unione dei cuori è quello che desidera di più: non restiamo a metà strada. Entriamo.
Gesù ripete le stesse cose, perché non smette di amarci. Ci chiede fiducia, perché può darci ciò che ci manca. Sarà per noi quello che avremo creduto che sia. Per ottenere, dobbiamo ritenerci nulla, mentre Lui è tutto. Desideriamo solo il Regno del Padre, e si chiarirà ogni cosa.
Gesù raccomanda a Gabrielle di farsi introdurre al Suo cospetto, nell’ora santa, da Sua Madre, da san Giuseppe e dagli angeli: è come un bambino che entra in un salotto di persone adulte, che lo presentano e parlano per lui. E poi comincia un lungo discorso sul fatto di confidare totalmente, di chiedere anche l’impossibile, perché nessuna richiesta è troppo grande. Certo, bisogna riconoscere che con Dio non ci si annoia.
Gesù conosce la natura umana, perché l’ha creata. È al corrente delle debolezze, delle falle che si aprono, delle contraddizioni che si annidano nel cuore. Eppure ci ama, e raccomanda soltanto di fidarci dell’amore senza limiti che prova, persino, per chi lo tradisce.
Gesù vuole che abbiamo fiducia. Quando chiediamo, desidera che siamo certi di essere esauditi, altrimenti, come potrà darci? La logica di Dio è stringente, siamo noi poco affidabili.
Gesù vuole che andiamo a Lui così come siamo. È Lui che ci trasforma, ci cambia, anche da capo a piedi, ma finché siamo in tempo. Dopo l’ultimo respiro saremo ciò che siamo diventati, per sempre. Meglio pensarci adesso.
Dio è delicato, come la pioggia sulle piccole e fresche foglie di maggio, dice il Cristo alla Bossis. C’è da crederci, anche se a volte potremmo dubitarne. Siamo sempre noi che non vogliamo, non vediamo, non capiamo. Siamo noi gli indelicati, per usare un eufemismo. Lui sa, bisogna fidarsi.
Il sorriso è importante. Vuole dire: ci sei, ti riconosco, non avere paura. In fondo, viviamo ancora nella giungla. Potremmo dover contenderci, da un momento all’altro, un pezzo di pane, per una improvvisa carestia. Ma se ti sorrido, voglio dire: siamo qui, ora, abbiamo fiducia, nonostante.
Gesù, nel Vangelo, lo spiega in tutti i modi: il segreto è l’unione, la fiducia. Noi, invece, siamo quelli che diffidano, che partono per un paese lontano, come il figlio prodigo. Salvo ritrovarci, puntualmente, nella carestia. Chissà se prima o poi ci lasceremo convincere. “Riversati in me”, dice il Cristo alla Bossis.
Abbiamo bisogno di un vestito nuovo, per entrare in cielo. La veste bianca del battesimo, un cuore rinnovato da un atto di fiducia. Aveva ragione don Mario: il contrario della paura non è il coraggio, è la speranza. Basterebbe un atto di vera fiducia, e poi di volontà, e la speranza diverrebbe la vita di ogni giorno.
Bisogna contare sulla Madre, Immacolata e Addolorata. Colei che ha accolto in maniera perfetta il progetto di Dio, corrispondendo ad ogni sua speranza. È un’alleata potente, della quale è rischioso fare a meno. Con Lei, tutto diventa più semplice, meno faticoso. Un Padre, un Fratello, una Madre: la compagnia necessaria e sufficiente per giungere alla meta.
Nessuno è come Dio. Nessuno è così grande, ricco, tenero, potente. Cosa impedisce, dunque, di abbandonarci con una fiducia senza limiti? Lui e io: c’è qualcosa che conti più di questo?
Nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Diceva bene Teresa la grande, con la sua intuizione tutta femminile. Mi sono accorto che due degli articoli che avevo programmato sono stati cancellati. Chi sarà stato? Il nuovo editor, con cui devo prendere ancora confidenza? Un hacker, che non ha niente di meglio da fare che perdere tempo nella bacheca di WordPress? Poi ti ricordi di Gesù, dell’annuncio evangelico di pensare soltanto a quello che rimane, al convincersi una volta per tutte che il mondo, coi suoi mille desideri, è una trappola destinata a diventare ruggine e a sparire. E allora anch’io dico con Teresa: nulla ti turbi, nulla ti spaventi. Pensa solamente a ciò che è eterno.