
Ci stanchiamo di tutto, anche di Dio. Tiriamo, tiriamo, ed ecco che mancano i motivi, gli stimoli, la forza. Meno male che qualcuno non si stanca: l’Emmanuele è qui, fino all’ultimo respiro.
Ci stanchiamo di tutto, anche di Dio. Tiriamo, tiriamo, ed ecco che mancano i motivi, gli stimoli, la forza. Meno male che qualcuno non si stanca: l’Emmanuele è qui, fino all’ultimo respiro.
Gesù ci aspetta, ci dà appuntamenti imprevedibili: è invisibile, ma sa farsi riconoscere meglio di chiunque, quando vuole. Sta a noi ritrovarlo in quel segno, nell’evento inaspettato, nella bellezza di qualcosa che appare all’improvviso in una luce diversa, ultraterrena.
Ci dài segnali della Tua presenza. Se, come spesso accade, ti dimentichiamo, ecco che una cosa, piccola, insignificante, ci ricorda di Te in modo inconfondibile. La Tua voce ci raggiunge dove non c’era che silenzio.
Gesù raccomanda a Gabrielle di sentirlo vicino, di chiedere ai santi l’aiuto per essere certa della Sua presenza, sempre disponibile e amorevole; di vivere come in paradiso, pregustando la felicità dell’unione; di passare dai sensi esterni ai sensi interni: di cominciare a essere, davvero.
Non sono le labbra che devono pregare, dice Gesù a Gabrielle, ma è il cuore che necessita della Sua presenza. È questo che bisogna coltivare, e non si fa, a causa di una semplice abitudine. E mettersi nelle Sue braccia, sperimentandone tutta la dolcezza? È perché è grande che il Cristo ci raggiunge. Il Suo desiderio è avido di noi.
Un segreto della vita è la presenza: tu sei presente, e questo colma il vuoto, che ha sempre un pretesto per esistere. Se dimentico l’altro, dimentico la possibilità stessa di essere: sono un indefinito che soffre inutilmente. Con l’altro, ogni dolore è utile, porta in qualche luogo di bellezza misteriosa. Ricorda, dunque: la memoria autentica è presenza, e la presenza è vita.
Come comprendere, come spiegare l’amore di Gesù? Lui vuole prendere tutti i nostri pesi, portarci sulle spalle. Non è mai stanco, mai troppo carico. Vuole che gli portiamo anime, più che possiamo, non saranno troppe. Vuole che chiediamo: venga il tuo regno! E Lui verrebbe avidamente, senza andarsene più. E se lo cacciassimo – tutto questo lo dice alla Bossis – resterebbe alla porta.
Se pensiamo che Gesù è con noi, non possiamo non cambiare. Abituiamoci a questa presenza personale, continua, allo sguardo premuroso che sempre ci segue, e interpella il nostro cuore. Se la vita è relazione, la consapevolezza che è sempre con noi ci salva fin da qui.
Gesù dice a Gabrielle di seminare il Suo Nome dappertutto, senza timore. Il mondo vuole farlo sparire, ma è Lui che serve agli uomini, alle donne. Vogliono cancellarlo perfino, aggiunge, dall’anima dei bambini. Noi seminiamo, sarà Lui a far crescere.
Parlare con Gesù pensando a Gesù: è importante per Lui. Non fare come in tante altre occasioni, in cui si pensa ad altro. È la Presenza che richiede presenza, l’Essere che richiede l’esserci.
Se Dio ama, vuol dire che noi, suoi figli, dobbiamo essere sua memoria nel mondo. Le anime del purgatorio soffrono perché non vedono Dio: ciò significa che qui, sulla terra, è questa la cosa più importante. “Voglio vedere Dio”, diceva santa Teresa d’Avila, da bambina. “Vedere Dio in tutto”, raccomandavano i Padri. Ecco il segreto: rinnovare la presenza di Dio, ogni momento, al ritmo del respiro.
Vieni, Signore Gesù: è il finale della Bibbia. Evidentemente, è la cosa più importante. Se Lui non ci venisse incontro, saremmo perduti, anche se fatichiamo a concepirlo. Il primo atto da compiere, dunque, è mettersi alla sua presenza, sentirlo vicino ed amorevole. È la realtà. Ma si può vivere anche di illusioni, pensando che sia assente.
Gesù è tutto, fuori di Lui non c’è esistenza, se non una triste condizione di morti. Per questo è così importante entrare in contatto, ricordarlo, appassionarsi della sua presenza. A volte è uno straniero cui nessuno bada, e allora fa succedere qualcosa perché capiamo che è lì, vicino a noi. Uno pensa: è un caso. Un altro, invece: è Lui!
Gesù raccomanda alla Bossis di mettersi alla sua presenza. Deve diventare un’abitudine. Non sono le parole a contare, ma il cuore: Lui prende ogni suo moto come un dono prezioso. Cosa c’è, le dice, di più bello che mettersi nelle sue braccia, le braccia di Uno tanto grande che si china con amore infinito sulla sua piccola creatura? Lasciamoci convincere, prendiamo anche noi quest’abitudine.
Prestiamo a Gesù le nostre mani, il nostro corpo, la nostra intelligenza e volontà: Lui farà tutto e si renderà, così, presente in mezzo agli altri, qui, sulla terra. Potremo dire, allora, che non siamo stati noi a parlare, a fare, ma Lui: ciò è necessario per restare umili e, come dice il Cristo alla Bossis, l’umiltà è la verità.
Le relazioni sono complicate. È vero che in alcuni casi sembra che tutto fili liscio: coppie che non litigano o amicizie ininterrotte, prive di scossoni. Bisogna interrogarsi, però, sul livello di profondità di questi incontri, capire se non vi sia una tendenza a rimuovere, o almeno ad aggirare, i possibili e spesso salutari attriti. Non di rado, nei rapporti, ci sono incomprensioni, equivoci, vuoti che si aprono quando meno te lo aspetti. Solo Uno è sempre lì, fedele, immutabile, coerente fino alla morte col suo principio di amore indefettibile: il Cristo, l’Emmanuele, il Dio con noi. Chi si accorge di quest’egida presente anche quando tutto sembra perso? Essere suoi intimi è il meglio da chiedere alla vita.