Conversazione con Tahar Lamri (Festival Azioni Inclementi, Schio, 2008)
A cura di Enrica Tabarroni
Ripropongo un’intervista a Lamri rilasciata in occasione di un Festival letterario-teatrale della scorsa estate. L’intervista è già uscita sul sito di Trickster, rivista online di Studi Interculturali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Padova, diretta da Enio Sartori (qui).
Enrica: Ne l’ “Avant-propos” a I sessanta nomi dell’amore affermi che per te «…la scrittura rappresenta un pellegrinaggio circolare». Quindi attualizzando il tempo della narrazione al presente stesso della scrittura, mostri attraverso tale apertura del testo il divenire delle molteplici identità plurime che i tuoi racconti mettono in scena, uscendo in questo modo da una loro rischiosa seppur a volte quasi inevitabile chiusura in stereotipi e luoghi comuni. In questo modo il cammino della tua scrittura resta aperto: infatti, ripiegandosi su se stessa, rendendosi cioè contemporanea al narrato, fuoriesce da sé aprendosi all’altro che infinitamente la attraversa. Non a caso affermi che la tua scrittura «rappresenta l’eterna perdita della mia propria identità». Vorrei chiederti se fosse possibile spendere qualche parola in più circa le potenzialità di questa scrittura che sembra pretendere la rottura con il continuum al quale tendenzialmente aderisce il testo scritto. Quindi in che senso la scrittura ricostruisce di volta in volta nuovi spazi abitativi proprio a partire da un fuori-luogo in cui consiste la condizione dello scrittore migrante. Continua a leggere